C’è stato un tempo, a cavallo tra la fine degli anni 80 e l’inizio degli anni 90, in cui imperversavano i luoghi comuni, e spesso noi ragazze rimanevamo vittime dei cosiddetti ‘diktat’ imposti dalla società, attenendoci ai quali saremmo state ‘tacciate di normalità’.
Ecco quali erano questi ‘diktat’:
- Fidanzarsi attorno ai 16 anni con uno della propria classe o in alternativa della comitiva che avevamo in estate, al mare;
- Fidanzarcisi ‘a casa’ con tanto di fedina dopo tre mesi;
- Farci sesso al primo anniversario di fidanzamento, ma solo se ti aveva fatto la fedina, che doveva essere preferibilmente in oro altrimenti pareva che di te non gliene fregava niente;
- Portarlo alla tua festa dei 18 anni, perché anche quella SI DOVEVA FARE: amici e parenti in un locale esclusivo, con abito da sera comprato in centro, e ballo finale, di solito un valzer, con papà (che non piangeva di commozione, ma per tutti i soldi che j’era costata ‘sta tarantella);
- Farsi regalare l’anello di fidanzamento ‘vero e proprio’ nel bel mezzo della festa, davanti a tutti: già, perché se la fedina voleva dire che lui ‘si impegnava’, il solitario rappresentava l’anticamera del matrimonio. E vuoi mettere la soddisfazione di quel gesto plateale quando alla tua festa in previsione di scene simili avevi invitato non solo le tue amiche ma anche tutte quelle che ti stavano sul cazzo? Perché un diamante è per sempre. E la felicità di far rosicare una stronza, pure.
Chi non si atteneva a queste ‘regole’, era definita ‘strana’, o peggio veniva commiserata da amiche, parenti e mamme e zie delle amiche e delle parenti: veniva guardata già a 18 anni come fosse una povera zitella e considerata come se avesse un piede nella fossa.
Da parte mia sono stata sempre un po’ insofferente a regole ed imposizioni, a cominciare dal grembiule alle elementari: la stoffa pizzicava, entravo in classe e dopo mezz’ora me lo toglievo, usandolo a mo’ di bandiera alle 12:30 per festeggiare l’uscita da scuola.

Immaginate un po’ di quale categoria facevo parte a 18 anni?
Sono stata una di quelle ragazze degli anni 80/90 che si è dovuta barcamenare per far capire a una vera e propria folla di amiche/parenti/conoscenti curiose e preoccupate per il mio ‘non essere normale’, che si poteva essere felici e ci si poteva sentire realizzate anche senza attenersi ai vari punti del ‘loro’ elenco; essere fidanzata in maniera ‘seria’, ‘importante’ o quant’altro (per quanto possano essere tali le storie d’amore a quell’età) anche senza fedina o solitario all’anulare, senza programmare la prima volta, senza festeggiare i 18 anni a mo’ di recita solo per mostrarsi uguali o meglio delle altre. E sono felice che i miei genitori mi abbiano cresciuta così libera di essere me stessa. Perché penso che una bambina libera diventerà una donna libera.
E il termine ‘fidanzata a casa’ che a me è stato sempre stretto come il colletto del famoso grembiule delle elementari, oggi si è andato ad insinuare in maniera poco felice nella mente di tante mie coetanee, che lo hanno preso come uno stile di vita. Soltanto che un conto era fidanzarsi a casa a 18 anni negli anni 90, un conto è avere più di quarant’anni nel 2019 e pensare di andare a ricreare una condizione simile con un uomo che abbia più o meno la nostra età, e tutti i difetti (molti) e i pregi (pochi) tipici degli ultra-quarantenni di oggi. Alcune mie coetanee che in passato pensavano di essere nel giusto, nonostante il loro fidanzamento dei diciott’anni sia poi finito pochi anni dopo, ancor oggi insistono nel cercare a tutti i costi il fidanzamento ‘ufficiale’.

E con l’avvento dei social, in cui sembra d’obbligo scrivere sullo stato se abbiamo o meno qualcuno accanto, queste ex ragazze degli anni 80/90 farebbero carte false pur di scrivere su Facebook ‘FIDANZATA UFFICIALMENTE’. In certi casi non è neanche colpa loro, perché magari fin da ragazzine sono state ammaestr… ehm, scusate, ‘esortate’ dalle mamme a ‘trovare il fidanzatino’, e sono cresciute con l’idea che una donna è completa solo se ha un uomo. Un po’ come quelle che, una volta sposate, si sentono complete solo se diventano mamme. In altri casi invece iniziano a tirare le somme della propria esistenza, magari si paragonano a qualche amica già sposata e con pargoli (tic-toc tic-toc, l’orologio biologico etc. etc…) e pensano che l’amica le biasimi perché ancora single, mentre magari a quella nun je ne po’ frega’ de meno de quello che fanno loro e pensa a porta’ i regazzini a Mirabilandia.

E allora si accontentano del primo strufolone che riescono a rimorchiare: sui social, nelle app per fare nuovi incontri, o nei locali: spesso il suddetto strufolone non ha né arte né parte, ha un carattere del cazzo e poca voglia di lavorare; e non importa se le tratterà come delle merde, se tempo tre settimane si piazzerà in casa loro, se dimenticherà gli anniversari, se fingerà di essere contro il consumismo per evitare il regalo a Natale e a San Valentino. Nessun problema se cercherà lavoro sperando di non trovarlo, se per far vedere alle amiche che quando vanno a cena tutti insieme paga lui per tutti e due gli allungheranno sotto banco cinquanta euro al momento del conto; non fa niente se l’anello di fidanzamento lo compreranno loro e se lui ci proverà a scatafascio con tutte le amiche più carine, basterà invertire le parti e dire a tutti che è stata l’amica a stuzzicarlo, e non il contrario.
Ciò che conta è che le ‘liberi’ dal loro status di single ultraquarantenni, e le renda su Facebook prima IMPEGNATE poi FIDANZATE UFFICIALMENTE, e chissà, insisti insisti, ‘SPOSATE con…’ Nonostante tutto. E nonostante lui.
Perché, vedete, Publilio Siro diceva:
“Per quanto sia sbagliato quanto ti torna comodo lo ritieni giusto.”
Se beccamo.
La Bionda.
Un pensiero riguardo “Fidanzate ‘a casa’”