Era una mattina insolitamente calma nel bar tavola calda di Sean: quel giorno New York tardava a svegliarsi, e seduti ai tavolini del Café Italiano c’erano solo pochi studenti universitari intenti a ripassare la lezione con gli occhi cerchiati dalla notte insonne trascorsa a studiare.
Quel posto era un punto fermo per chi desiderava un po’ di tranquillità, caffè bollente e i migliori Cookies del quartiere, biscotti americani per eccellenza ma che Sean realizzava con una ricetta segreta ereditata dai nonni italiani.
Il ragazzo guardò l’orologio rosso della Coca-Cola appeso sulla porta d’entrata: era da un po’ di tempo che, a giorni alterni, alle dieci e trenta in punto entrava nel locale una misteriosa ragazza che sedeva al tavolo 9, ordinava caffellatte e Cookies e trascorreva circa due ore a scrivere su un quaderno dalla copertina rossa, senza mai alzare lo sguardo se non per mangiare a piccoli morsi quei biscotti deliziosi e fargli di tanto in tanto un sorriso che gli illuminava la giornata.
Era una biondina minuta coi capelli lunghi e mossi, jeans aderenti, cappottino nero, un basco alla francese e una lunga sciarpa di colore rosso.
«Se avessi la tua età, non resterei impalato a guardarla!» gli diceva spesso Bob, il cameriere più anziano, esortandolo ad essere più intraprendente. Ma Sean proprio non ci riusciva: ogni lunedì, mercoledì e venerdì le serviva la colazione, ricambiava sguardi e sorrisi ma quando la biondina faceva per andarsene, salutando con un cenno della mano, si dava dello stupido per aver sprecato un’altra occasione.

La situazione cambiò all’improvviso una sera, all’ora di chiusura: mentre Sean spazzava l’ingresso del locale con la saracinesca semi abbassata, vide la biondina camminare verso di lui a passi svelti. Chissà, si disse, forse sta venendo a prendere qualcosa per la cena, ma non fece in tempo a finire quel pensiero che si accorse che un ragazzo si era avvicinato alla ragazza correndo, e strattonandola le aveva scippato la grossa borsa di pelle scura con cui era solita andare in giro. Lei aveva urlato ed era caduta in terra: era stato in quel momento che Sean aveva mollato la scopa e si era lanciato all’inseguimento del ladro sfruttando il suo fisico atletico, ottenuto da anni di jogging a Central Park. Lo aveva raggiunto e gli aveva tolto la borsa, ma non era riuscito a fermarlo: lo scippatore si era divincolato dalla presa scappando via il più lontano possibile.
Sean era tornato a passi svelti verso il Café Italiano, e aveva visto che Bob stava aiutando la ragazza ad alzarsi mentre cercava di capire se si fosse fatta male. Per fortuna non aveva nulla di rotto, solo un’escoriazione alla mano e un brutto spavento.
In quel momento la biondina si voltò verso di lui: quando le restituì la borsa lei gli regalò un sorriso che a Sean parve più luminoso della luna che quella sera illuminava le strade newyorkesi.
«Non so come ringraziarti!» disse lei con un marcato accento italiano.
«Vieni dentro e mangia qualcosa con me!» esclamò Sean che, sull’onda del fomento di quell’azione da supereroe, era riuscito anche a prendere, finalmente, l’iniziativa.
Bob si era defilato, soddisfatto che il ragazzo si fosse ‘svegliato’, e i due avevano cenato insieme al tavolo di solito occupato da Mandy, così si chiamava la ragazza, che raccontò a Sean di essere una studentessa universitaria che collaborava con una famosa rivista di New York. Come lui, Mandy era figlia di italiani emigrati in America negli anni Settanta, e si fermava al Café Italiano quando aveva un pezzo importante da scrivere ed aveva bisogno di concentrazione e di una colazione deliziosa.

Un episodio spiacevole aveva rotto il ghiaccio tra i due, rendendo quella serata magica: col passare dei giorni, Sean e Mandy si resero presto conto di essere attratti l’uno dall’altra, e iniziarono a frequentarsi con regolarità.
Sean era molto preso da quella ragazza che aveva scoperto essere brillante e intelligente; anche Mandy sembrava gradire la sua compagnia, ma il ragazzo aveva notato che, tra i due, quello più coinvolto era lui. Mandy pareva un filino più distaccata, come se avesse paura a manifestare i suoi sentimenti. In più, Sean aveva l’impressione che lei avesse qualcosa di misterioso da nascondere. Erano ormai diverse settimane che uscivano insieme, avevano scoperto di avere tanti interessi in comune, ma Sean era un libro aperto mentre Mandy, a parte quella piccola parentesi la sera in cui si erano conosciuti, non parlava mai della sua vita privata.
Sean arrivò a pensare di non essere molto interessante ai suoi occhi, in fondo era solo un barista e ristoratore mentre lei studiava con profitto all’università, così in occasione di San Valentino decise di fare qualcosa di carino per fare colpo: sapendo della passione di Mandy per i vinili, acquistò in un negozio di dischi vintage un 45 giri di Christopher Cross, Arthur’s Theme, perché trovava il testo molto significativo e pensava che avesse molte analogie con la loro storia. Lo fece incartare con una carta bianca a cuori rossi ed allegò un biglietto in cui scrisse: ‘Il ritornello di questa canzone dice: se rimani incastrato tra la luna e New York City, il meglio che tu possa fare è innamorarti. Io sono rimasto incastrato nei tuoi occhi, ed è così che mi sono innamorato di te. Buon San Valentino, Mandy!’.

La sera del 14 febbraio la invitò a fare una passeggiata lungo le strade di New York, con le vetrine dei negozi ancora illuminate e il cielo che andava via via assumendo i colori del crepuscolo. Poi la portò a cena in un ristorante caratteristico con una romanticissima vista sul fiume, e al momento del dessert le diede quel regalo speciale. Non aveva mai fatto una cosa del genere per una ragazza, ma era felice di averlo fatto per Mandy.
Lei lesse le parole del biglietto, e gli occhi le si riempirono di lacrime: «Grazie Sean… io davvero non credo di meritarti!», mormorò commossa.
«Inizia a non piangere! E non dire sciocchezze!», la rimproverò scherzosamente lui carezzandole il viso.
«È così difficile…» rispose Mandy cominciando a singhiozzare, e il suo sguardo divenne cupo e velato come quando Sean la vedeva distaccata.
«Che vuoi dire?» chiese il ragazzo non senza un velo di preoccupazione.
«Sean, io e te non possiamo più stare insieme!», disse tutto d’un fiato.
«E perché, Mandy? Ho fatto qualcosa che ti ha ferito, non sei innamorata di me o cosa?». Sean sentiva un groppo in gola. Aveva sempre pensato che la felicità e le cose belle della vita non fossero sua prerogativa, e anche stavolta ne stava avendo prova.
«Sean… io sono sposata», disse la ragazza sottovoce.
«Che cosa?» urlò lui.
Così Mandy tra le lacrime raccontò a Sean una verità che gli aveva taciuto per troppo tempo. Era al primo anno di università quando i suoi genitori erano morti nel terribile attentato alle Torri Gemelle. Era rimasta sola, in America non aveva altri parenti ed aveva dovuto trovare subito un lavoro per poter continuare a studiare. Uno dei suoi docenti l’aveva presa sotto la sua ala protettrice facendola assumere alla Biblioteca dell’ateneo in cui studiava. Ma il professor Jennings dopo questa buona azione aveva iniziato a corteggiarla: si era sentito attratto da lei a inizio corsi, non appena l’aveva vista mettere piede in classe, così carina e diversa da tutte le altre; Jennings aveva trentaquattro anni, era un brav’uomo ed era sinceramente innamorato di lei. Mandy provava per lui un sentimento di profonda gratitudine, nulla più, e solo per questo aveva accettato di sposarlo quando lui glielo aveva chiesto. Aveva affrontato i pettegolezzi dei compagni di corso secondo i quali i suoi meriti universitari erano dovuti solo al matrimonio col professore, anche se alcuni di loro sapevano bene che Mandy era sempre stata una studentessa modello, fin dai tempi del liceo. Ora, a un passo dalla laurea era riuscita, senza l’aiuto di nessuno, ad essere assunta come collaboratrice di una prestigiosa rivista femminile newyorkese, e i suoi articoli, che scriveva a mano su quel quaderno rosso durante le sue soste al Café Italiano, erano apprezzati da migliaia di donne.
Fece una breve sosta per soffiarsi il naso, poi:
«Mi spiace averti taciuto tutto questo per così tanto tempo», disse a Sean che la fissava incredulo, «Ma quando ti ho conosciuto ho capito che avevo trovato la persona giusta, anche se al momento sbagliato. Da egoista ho deciso di continuare a frequentarti perché stare con te mi faceva bene, era la prima volta che provavo un sentimento così forte per qualcuno, mi sono innamorata di te come non mi era mai successo prima, così mi sono presa quel barlume di felicità che pensavo di meritare dopo tanta sofferenza».
Sean le strinse la mano: «Mandy, io e te possiamo essere ancora felici», le disse guardandola negli occhi «parla con tuo marito stasera stessa, sono pronto ad affrontare qualsiasi problema pur di stare con te».
Mandy scosse la testa: «Non è facile, Sean… e non me la sento, anche se ti amo profondamente, di lasciare un uomo senza il quale non avrei avuto futuro. Perciò è meglio chiuderla qua». La ragazza si alzò, ringraziò Sean stringendo il disco al cuore prima di metterlo in borsa. Dopodiché si chinò a baciarlo, un triste e lungo bacio di addio, e ricominciando a piangere uscì dal locale, lasciando il ragazzo in preda allo sconforto.
Passarono diverse settimane dall’accaduto. Sean ancora non si capacitava della fine assurda di quella storia. Ogniqualvolta pensava a quell’ultima sera provava una grande rabbia che ben presto lasciava il posto a un’infinita tristezza: È vero, Mandy gli aveva mentito, ma era anche vero che lo amava, e che uscire da una situazione come quella per lei sarebbe stato difficile, se non impossibile.
Ma una sera, verso l’ora di chiusura, un ragazzino bussò alla porta del Café Italiano chiedendo di lui. Sean gli disse di entrare e il ragazzino gli porse una busta A4 di carta marrone. Sean lo ringraziò regalandogli tre dei suoi Cookies, dopodiché tornò dietro al bancone, aprì la busta e vi trovò una copia del settimanale su cui scriveva Mandy. C’era un foglio di carta a fare da segnalibro, e Sean scoprì che era una lettera della ragazza:
“Ciao Sean, in queste settimane ho ascoltato il tuo disco ed ho pensato molto alla nostra storia: mi sono resa conto che proprio non riesco a fare a meno di te. Così ieri ho parlato con mio marito e gli ho detto che voglio il divorzio. È rimasto sorpreso, ma ha capito ed ha deciso di lasciarmi libera. È una persona fantastica, non smetterò mai di pensarlo, ma tu sei l’amore della mia vita, e credo di non poterti stare più lontana. Ti ho inviato il giornale perché ho scritto un articolo sul Café Italiano, spero tanto che ti piaccia. E spero tanto che mi darai un’altra possibilità. Io sono qua fuori e ti amo.
Mandy”.
Il cuore di Sean iniziò a battere all’impazzata: aprì la rivista, e a pagina 40 la giornalista Mandy D’Amico iniziava un brillante articolo scrivendo: “Fra la Luna e New York City la miglior cosa che possiate fare è innamorarvi del Café Italiano!”
Si corsero incontro, si abbracciarono, si baciarono:
«Comincio a credere che qualcosa di bello stia accadendo anche a me», le sussurrò Sean «se sto sognando, non svegliarmi».
«Non è un sogno, è la nostra meravigliosa realtà», rispose Mandy abbracciandolo stretto stretto «ed è ora di viverla!».
«Fra la luna e New York City, e dovunque vorrai andare!» rispose Sean, pensando che, finalmente, la sua vita stava prendendo la piega che aveva sempre desiderato.
era tempo che non leggevo uno dei tuoi deliziosi racconti.
Bella serata
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Era un bel po’ che non mi dedicavo a questo blog, ho avuto un periodo abbastanza difficile ma ora eccomi qua, sono felice che ti sia piaciuto. Una bella serata anche a te.
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Un ritorno alla grande Raffa. Purtroppo a volte ci sono degli intoppi nella nostra vita. L’importante è superarli.
Un sorriso
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Grazie, ricambio con piacere il sorriso
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