Quello che da sempre aveva reso Ramona diversa dalle ragazze della sua famiglia era la carnagione: le sue cugine avevano una pelle ‘nordica’, chiarissima, quella di Ramona era miele, e le bastava stare un po’ al sole per diventare color caramello.
«Sembri un’aborigena in mezzo a tre principesse», le avevano detto alcune bambine quando era piccola «sei proprio sicura che non ti abbiano adottato?».
Col passar del tempo la situazione non era migliorata, anzi, ci si erano messi anche i giornalisti, che su una nota rivista di gossip avevano sottolineato questa grande diversità tra lei e le cugine ipotizzando uno scambio in culla, notizia seguita da una querela e una smentita con tanto di scuse pubbliche alla ragazza.
La famiglia di Ramona era molto in vista: sua nonna, Esther Noris, era stata un’attrice piuttosto famosa negli anni 50, mentre sua madre Roberta, spirito libero, insofferente alle regole e alla vita da vip, dopo un breve periodo nel cinema e nei fotoromanzi aveva scelto di vivere lontano dalle luci della ribalta e si era affermata come pittrice.
Ramona adorava sua nonna, e conservava tutte le riviste e i ritagli di giornale che parlavano della sua carriera: appesa nella sua stanza aveva una foto in bianco e nero che la ritraeva nella classica posa da diva, grandi occhi dorati leggermente a mandorla, naso sottile, mascella squadrata e un sorriso luminoso. Di Esther amava in particolare il fatto che, a differenza di sua madre, avesse condotto un’esistenza priva di eccessi: una donna irreprensibile, che era stata fedele a suo marito per tutta la vita e alla morte di questo non si era più sposata, nonostante non le fossero mancate le occasioni.
«Più scura di carnagione, capelli ricci ingestibili e labbra carnose…» aveva commentato una volta sua cugina Rosanna guardando quel ritratto «Sei la versione indigena di Nonna Esther!».
Rosanna aveva ragione, le due si somigliavano tanto: Ramona però mal sopportava che la sua figura venisse sempre accostata agli aggettivi ‘indigena’ o ‘aborigena’ come se tutto questo facesse parte della normalità. Così, stanca di quello che aveva definito un vero e proprio mobbing familiare, quel giorno aveva intimato a sua cugina di uscire dalla stanza e lasciarla da sola. Ora ne aveva abbastanza!
Poi era andata davanti allo specchio ed aveva iniziato ad esaminare il suo viso: aveva per davvero lineamenti esotici, nonostante fosse figlia di lombardi. Forse era stata davvero adottata? O era colpa di sua madre? Del resto, prima di ritirarsi a vita privata il suo passato burrascoso aveva mandato in sollucchero i giornali scandalistici degli anni 70: ‘la figlia degenere di Esther Noris’, questo il soprannome affibbiatogli dalla stampa, era stata spesso al centro di pettegolezzi per la sua tendenza a cambiare compagno con la stessa velocità con cui cambiava colore di capelli. Il matrimonio con suo padre, Sandro Rattazzi, fotografo professionista di cui Roberta pareva essersi innamorata perdutamente, era naufragato pochi anni dopo la sua nascita.
Che Sandro, insospettito da quella bambina così diversa da tutti loro, avesse indagato e scoperto che non era figlia sua?
La ragazza si andava convincendo sempre più che i sospetti che ormai da tempo nutriva riguardo alle proprie origini fossero fondati. In diverse occasioni sua nonna, di fronte alle battute al vetriolo delle nipoti, aveva preso le sue parti, spiegandole poi che la gente stupida fa commenti stupidi.
Ma a Ramona tutto questo non bastava più: era sicura che le nascondessero qualcosa, così, un giorno, decise di affrontare sua madre.
Voleva la verità, a tutti i costi!
Lo studio di Roberta si trovava nel Quadrilatero della Moda, al primo piano di un palazzo di lusso di una traversa di via Monte Napoleone. La porta era, come sempre, socchiusa. Ramona non appena varcò la soglia si trovò davanti diverse tele in cui toni caldi e toni freddi erano mescolati in maniera suggestiva, in un susseguirsi di vortici colorati solcati da scie oro e argento: Roberta si trovava in una fase astratta della sua produzione artistica. Ramona si soffermò a guardarle estasiata.

«Ti piacciono?» le chiese sua madre arrivando dall’altra stanza «Spero di riuscire a finirle tutte e cinque in tempo per la mostra!».
«Molto…» rispose Ramona «I colori sono la mia passione!».
Roberta sorrise soddisfatta: la ragazza guardò sua madre e non poté fare a meno di ammirarne la bellezza eterea. Non c’era da meravigliarsi che vent’anni prima se la fossero contesa i più grandi registi italiani e internazionali. Alta, bionda, la carnagione diafana, occhi di un azzurro intenso e lineamenti delicati, indossava un caftano in seta indiana a disegni màndala che in trasparenza lasciava intravedere un fisico perfetto. Sotto era completamente nuda, come al solito. Ramona non aveva mai sopportato i suoi atteggiamenti libertini, sia quelli narrati nelle cronache rosa delle riviste del passato – rispolverati di tanto in tanto da qualche giornalista senza scrupoli – sia quelli che, dopo il ritiro di Roberta dalle scene, caratterizzavano la vita quotidiana della donna. In quel periodo stava frequentando un ballerino cubano molto più giovane di lei che Ramona aveva visto diverse volte gironzolare mezzo nudo nello studio di sua madre. Anche quella mattina aveva fatto la sua comparsa per qualche minuto, statuario, avvolto in un lenzuolo, prima che Roberta lo liquidasse chiedendogli di lasciarla sola con sua figlia.
«Sono quattro mesi che stiamo insieme!» disse Roberta guardandolo allontanarsi.
«Un bel traguardo!», rispose Ramona sferzante «Quattro mesi di fidanzamento con un ragazzo che avrà si e no la mia età! Ti daranno la medaglia!».
«Smettila di sfottere!» tagliò corto Roberta «Piuttosto dimmi perché sei qui!».
Ramona trasse un respiro profondo: non sapeva da che parte incominciare, ma in qualche modo doveva farlo.
«Voglio la verità!» disse guardandola intensamente.
«Ho conosciuto Ernesto a un vernissage e…»
«Non voglio sapere di te e Ernesto!» la interruppe Ramona «Voglio sapere la verità su di me! Sulla mia nascita!».
Roberta la fissava con gli occhi sgranati senza dire una parola.
«Sei nata a Capri, te l’ho detto più di una volta… tuo padre doveva scattare delle foto là e…»
«Voglio sapere chi è il mio vero padre!» urlò Ramona con tutto il fiato che aveva in corpo.
«Ma sei pazza?» ribattè Roberta allibita «Tu sei figlia di Sandro Rattazzi, paparazzo e fotografo di moda! Ma che ti dice la testa?».
«E allora spiegami: perché sono così diversa da tutti voi? Perché pensano tutti che mi abbiate adottato?» rispose Ramona con gli occhi lucidi «Non è un segreto la tua passione per la pelle scura!».
Gli occhi di Roberta si erano riempiti di lacrime: «Ti assicuro che non è come pensi!».
Ramona era un fiume in piena: «Papà ti ha lasciato perché si è accorto che non sono sua figlia, vero? Lo hai tradito e…».
Roberta scosse la testa: «No, tesoro. Tuo padre ed io ci siamo innamorati come dei pazzi, e dal nostro amore sei nata tu. È stato l’unico uomo che non ho mai tradito. È finita perché eravamo troppo diversi».
«E allora perché tutti insinuano che io non faccia parte della famiglia?».
Roberta sedette su uno sgabello, accese un bastoncino di incenso e poi iniziò a dipingere: «In realtà c’è qualcosa che devi sapere. Ma non sono io a doverti dare delle spiegazioni…non ne ho il diritto». Poi guardò in un angolo lo schizzo a matita del viso femminile nei cui lineamenti Ramona riconobbe sua nonna.
«Che intendi?» mormorò guardando sua madre armeggiare tra colori e pennelli.
«Te l’ho già detto», ripeté Roberta stanca di quella conversazione «non è a me che devi chiedere spiegazioni!».
«Ti odio!» esclamò Ramona, poi uscì dallo studio sbattendo la porta. La scarsa considerazione che aveva di sua madre le fece pensare che la donna avesse colpa di qualcosa, ma che, da vigliacca, avesse deciso di far sbrogliare la matassa ad Esther. Chiamò un taxi e si fece accompagnare a casa di sua nonna, una sontuosa villa con piscina alle porte di Milano. Ramona era la nipote preferita di Esther, l’unica che poteva entrare a casa Noris senza farsi annunciare, e di questo andava orgogliosa.
Trovò Esther seduta nel salone principale, un ambiente lussuoso tutto arredato nei toni del bianco, eccezion fatta per il pavimento che era a scacchi bianco e nero. Era ancora bellissima. Indossava una vestaglia di seta beige coi bordi in marabù e delle pantofole a tacco basso in velluto rosa antico.
«Sei stata da tua madre?» le chiese con voce suadente.
«Ti ha avvisato che sarei venuta qua?» replicò Ramona con disappunto.
Esther annuì: «Non avercela con lei: non è stata la madre migliore del mondo, ma non ti ha mentito. Sei figlia di Sandro!».
Da sempre Esther aveva il potere di far ragionare sua nipote. Ramona abbassò la guardia e andò a sedere accanto a lei sull’enorme sofà candido dove tante volte da bambina si era addormentata.
«Cos’è che mi devi spiegare, nonna? A cosa alludeva mamma?».
Esther le carezzò i lunghi capelli ricci color cioccolato. Si alzò, andò verso la libreria ed estrasse un grosso album di foto rilegato in pelle. Tornò a sedere, aprendolo all’ultima pagina: nascosta sotto un’immagine di Ramona appena nata c’era una vecchia foto che ritraeva Esther all’apice del suo successo accanto a un bel ragazzo con la carnagione scura e il fisico prestante. Erano al mare, giovani e abbronzati, e sembravano felici.

«E lui chi è?» chiese Ramona con un filo di voce notando quanto la nonna fosse emozionata.
«Miguel Gutierrez, pugile creolo…», mormorò Esther «Ci siamo conosciuti nelle Antille Francesi, ero là per girare un film», continuò la donna, «stavo attraversando un momento di crisi con tuo nonno. Mi tradiva con la proprietaria di una boutique di via della Spiga».
«Nonno ti tradiva?», chiese Ramona.
«Ripetutamente, e non solo con lei!» continuò Esther «Quella con Miguel fu una breve ma intensa passione, l’unico tradimento della mia vita. E l’unica volta in cui riuscii a non avere i paparazzi alle calcagna, visto che da quelle parti ero una perfetta sconosciuta. Ma poche settimane dopo, quando tornai a casa, mi accorsi di essere incinta».
Ramona guardò la data sul retro: «Ma è l’anno in cui nacque mamma!» esclamò, sentendosi stringere la gola dall’emozione.
«Non sei tu a non essere figlia di tuo padre», continuò Esther «Roberta nacque pallida e bionda come me, e nessuno nutrì mai dei sospetti. Ma poi sei arrivata tu, che somigli tantissimo al tuo vero nonno».
Il cuore di Ramona batteva all’impazzata. Non avrebbe mai immaginato che sua nonna, moglie e madre irreprensibile, avesse potuto vivere una passione così intensa fuori del matrimonio. Sembrava la trama di un film, e invece era la realtà. Nel suo cuore si mescolavano tanti sentimenti contrastanti.
«E mamma?» chiese a voce alta.
«Roberta ha saputo la verità quando sei nata tu» ripose Esther «Sandro vedendoti così esotica fece il diavolo a quattro, pensava che tua madre lo avesse tradito, voleva lasciarla… allora intervenni io, con questa foto, e raccontai loro la verità, facendomi promettere di mantenere il segreto».
«Mamma come reagì?» domandò Ramona.
«Più o meno come stai facendo tu adesso» replicò la donna «poi però, venendo a conoscenza dei tradimenti di tuo nonno, comprese. È sempre stata una donna di larghe vedute…».
«Dov’è ora Miguel?» chiese la ragazza con le lacrime agli occhi.
Esther si morse le labbra per trattenere i singhiozzi: «Avevamo deciso di scappare insieme. Eravamo già abbastanza ricchi per vivere di rendita in un posto lontano da tutto e tutti. Ma dopo quella breve parentesi, l’aereo che stava riconducendo Miguel a casa precipitò, inabissandosi nelle acque del Pacifico, portando con sé il mio grande amore e tutti i nostri progetti di una vita insieme…».
Ramona si alzò dal divano, già proiettata verso quello che aveva intenzione di fare.
Esther la guardò compiaciuta: «Stai andando da tua madre, vero?».
«Sì. Ha protetto il tuo segreto, a costo che la odiassi. Devo chiederle scusa. Non è la donna superficiale che credevo!».
Esther guardò soddisfatta Ramona mentre saliva sul taxi che l’avrebbe ricondotta da Roberta. Nel sorriso di sua nipote rivide quello del suo Miguel e per un attimo ebbe un tuffo al cuore.
Ramona invece, seduta sul sedile posteriore del taxi, guardando la sua immagine riflessa nello specchietto retrovisore finalmente fece pace col suo viso da creola e con la sua identità. Ora doveva correre a far pace con sua madre, ma era sicura che Roberta l’avrebbe accolta a braccia aperte.
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Grazie e buona lettura!
Raffaella Legname
Una bella storia, incastonata in mezzo ad altre belle storie.
Serena serata
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Grazie mille. Onoratissima che tu l’abbia apprezzata. Una serena serata anche a te.
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Bel pomeriggio
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